giovedì, gennaio 25, 2007

gli ibernati e una sera da femmina

Dopo settimane di lavoro pressante e di orari incredibili al computer e al tecnigrafo (... la notte ha ormai girato quell'impercettibile chiavetta con cui si passa dalle due alle sei del mattino... Jay McInerney, Le mille luci di New York) e di stress da soldi incredibile ( ti pago domani, ma forse settimana prossima ma forse ancora no, mft, Gli ultimi 40 giorni)sono riuscita a mettermi in tasca una manciata d' euro e dimenticarmi tutto.
Prima tappa libreria, e ho inizato subito a sgodazzare, che ho trovato Fitzcarraldo nei reminders, ed ero felice proprio. Fitzcarraldo mi ricorda sempre l'amica Flo, baluardo degli sbattimenti incommensurabili da quando ha trascinato una lavatrice giù dalle scale.
Seconda tappa: invito a cena dell'amica L.C. Ho fatto la smargiassa e stavolta ho offerto io. Con lei si inizia sempre con discorsi superculturali, essendo lei anche la curatrice delle mie prolisseidi disegnative. Verso metà birra siamo già al pettegolezzo spinto e si arriva all'amaro parlando di maschi in modo molto romantico ma anche no.
Dopo il secondo Fernet invece, iniziamo a tirare a riva tutta la serata, coagulando le ore di chiacchericcio in inestimabili teorie, sicure di essere portatrici sane di verità ineffabili. Ieri sera è stata la volta della teoria dei maschi ibernati, mossa dal racconto di una telefonata di un vecchio amore, che non si spiegava perchè lavorassi tutti i giorni e pensava che non avessi ancora dato la tesi, dato che quando ci siamo visti 3 anni fa, la stavo per consegnare.
Sosteniamo che le femmine, alla fine, sono capaci di mandar giù, riescono a convertire in energia pulita anche le magagne più feroci, riescono ad astrarre le personalità dai contesti e notano le evoluzioni e i cambiamenti degli esseri umani a loro vicini.
I maschi, invece, si fermano al momento in cui hanno preso coscienza. Nel senso: ti hanno conosciuto in un modo? Ma come, sono passati solo dieci anni e hai già cambiato idea? Quando ti ho conosciuta non eri così. E' ovvio. Quando mi hai conosciuta ero anche alta 10 cm in meno. Ma come? Adesso lavori al computer? Certo, al bar dove ti portavo le birre non ne avevo bisogno. Non posso passare in quella via, lo sai che ci abita quella ragazza che mi ha lasciato 6 anni fa. Da qui "ibernati".
Si rideva tantissimo e alla fine ho pensato che la leggerezza fa bene, che ogni tanto bisogna fare il back up del passato e conservare, ma non davanti al naso tutti i giorni. Poi l'11 è passato e continueremo un'altra volta.

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giovedì, gennaio 04, 2007

molesta moleskine - 1 gennaio

martedì, gennaio 02, 2007

natalenatale

Era già nei miei progetti, e in qualche modo devo accontentare Cilla, visto che i miei pranzetti stanno languendo nel disastro economico. Giù a fare i tortini salati del riciclo mentre sogno i tempi del polpo con patate e fagiolini. Male che va ho una scorta semestrale di bottarga, la povertà con classe.
La settimana precedente alle vacanze è stata una sfilza di cene milanesi e si è abbattuta su di noi, perché poi per un po’ non ci si vede. Sì, ma gli amici cari e i loro affiliati non sono infiniti, quindi si è giocato a tetris incastrando 30 persone a 10 alla volta in ordine sparso nelle 4 case madri. Poi tanti baci e tanti saluti, oggi è il 2 e siam di nuovo qui, a tentare la cena di ritrovo. E i racconti delle famiglie (iniziati in realtà molto prima con la storia delle sorelle Chiappara, inquietanti zitelle sicule che hanno minato il tempo infantile dell’amico Fabrizio) ci seguiranno fino a febbraio.
Natale è passato e ho fatto tutto quello che si doveva fare.
Ho mangiato, andata in emo-core con mamma zie e sorelle, litigato col babbo, tutto come previsto, tranne un tocco di cinismo da parte mia. A fine pranzo (dopo l'emozione, la litigata, la pace, il dolce), ho detto scherzando che sembriamo la famiglia Addams, Mutter c'è rimasta un po' male ma io, davvero, stavo scoppiando. Per fortuna Sister4 si è messa a suonare al pianoforte la canzone della sigla, e Sister3 schioccava le dita a tempo. Nessuno sapeva il testo, ma ci siamo messi tutti a ridere. La cucina nostra è veramente zeppa di grassi, e ad ogni invitato è toccato, in varie forme e gradi di compostezza, il suo decimetro cubo di burro e il suo etto di colesterolo già pronto. Comunque penso che mangiare sia una delle cose più belle del mondo, e mangiare con tanta gente lo sia ancora di più. Cucinare per 20 implica un amore e un progetto che non tutti possono sostenere.
Ma dopo tutto, mi è parsa logica la passeggiata, se non fosse che poi ci ho preso un po’ la mano, e sono finita a scaprettare in mezzo alla neve. Contando che gli impianti sciistici stanno piangendo miseria quest’anno, posso dire che ero un bel po’ in alto, dato che la neve, a un certo punto, mi arrivava a mezza gamba. Pensavo e sognavo i miei pantaloni antivento e gli scarponi (lasciati miseramente a indurirsi nell’armadio a Milano) mentre con le Nike piatte e le braghe di tela arrancavo gli speroni di roccia e scivolavo di culo sull’orlo dei burroni. Perché in costa si gode meglio del panorama, di qua e di là. Folle di freddo in faccia e piedoni gelati, da tergo mi colse il
fantasma di Caspar David Friedrich e mi son messa a piangere, ma si gelavano le lacrime e pizzicavano di fronte a tanto bianco e freddo e purezza tutte lì davanti, fin dove si poteva vedere, fino all’inizio dell’Appennino e Milano da una parte, e alle Grandi Alpi dall’altra.
Totalmente sopraffatta dalle cose ovvie e grandi e indiscutibili e immanenti quali la natura e la bellezza, mi sono resa conto di quanto sian poca cosa le mie attuali abitudini e occupazioni, memore del fatto che tutta quella grandiosità era, fino ai 20 anni, la mia quotidianità. Anzi, ne facevo parte. In mezzo al bellissimo rumore della neve (che se ascolti bene puoi capire quanto è spessa) e un tramonto a 180 gradi da non riuscire a respirare, ho fatto grandi progetti per l’anno che arriva e un po’ di vaffanculo ai problemi che in realtà non lo sono. E poi il ritorno con Sister3 e abbiamo urlato un casino giù per i tornanti, che la sensazione di gridare tanto non ti sente nessuno è bellissima e catartica, anche se ha fatto tornare a galla una paranoia che mi ero dimenticata dall’adolescenza: e se parte la slavina?
Comunque a febbraio son 30 e pensieri folli se ne fanno sempre.

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