domenica, ottobre 25, 2009

i misteri dei capelli dei passeggeri del treno

Stefy è piena di catene al collo, ha una cresta di capelli fucsia, una manciata di piercing distribuiti come se glieli avessero buttati in faccia a caso, la voce smerigliata dalle sigarette e da un accento basso mantovano. Il suo ragazzo è forse il figlio di un industriale del mohair in lotta col potere e con i genitori. Ha una timida cresta, le occhiaie disegnate, tre golfini nuovi morbidissimi indossati uno sopra l’altro e dice a Stefy di stare tranquilla.
- Ma tranquilla un cazzo! Cioè, io pensavo che faceva freddo, invece fa caldo. Ma ti rendi conto che adesso sono in giro con due maglie e in più mi si è sciolta un po’ la lacca e mi si è rovinata una punta? Ho caldo, vieni qui, aiutami a tenere insieme questa ciocca.
Stanno andando a Milano in treno, e si siedono nel blocco sedili di fianco al mio, litigando per il posto finestrino.
All’altezza di Castellucchio, salgono sul treno Nicolas, sua madre e Pasquale, il fidanzato.
Nicolas è un bambino a cui sto immediatamente simpatica, perché vuole sedersi di fianco alla signorina.
- Piccolo buongustaio - dice Pasquale.
- Grandissimo stronzo - dice la madre.
Pasquale ha dei problemi con la valigia, la apre e ripiega il suo contenuto tentando di recuperare spazio. Nel frattempo la donna lo aiuta, e mentre piega un paio di pantaloni trova un capello e lo leva.
- Grandissimo stronzo - ripete - di chi cazzo è questo capello?
- Ma cosa vuoi che ne sappia, amore. Dammi quei pantaloni.
- Eh, no. Prima mi devi dire di chi è questo capello. È più lungo dei miei, ed è pure rossiccio.
La donna mi scruta. Eh, no, penso io. Io non vi ho mai visti, mi state rompendo l’anima, non riesco a leggere e adesso salta fuori pure che sono l’amante di quel mostro. Già mi immagino una di quelle bande di rapinatori che inscenano un litigio per poi rubarti la borsa. No, cari miei, non mi farò fregare. Stringo la custodia del mio hard disk, il biglietto, e fingo di dormire.
- Nicolas, togli i piedi dal sedile. Nicolas, lascia stare la signorina.
- Adesso mi devi dire di chi è questo capello.
- Ma che ne so, smettila di fare la stupida. Nicolas, non arrampicarti sulle borse degli altri.
- Vorrei fumare una sigaretta.
- Ma sono dieci anni che non si può fumare sui treni!
- E allora vado in bagno. Vieni con me?
- No, e poi Nicolas dove lo lasciamo?
Io ho gli occhi chiusi, ma so che mi stanno fissando. Ho un brivido sulle tempie. Adesso mi lasciano lì col figlio del demonio, poi mi accusano di rapimento oppure io scendo alla prima fermata e vendo gli organi del piccolo che, detto tra noi, ha la faccia di un vecchio, il bambino più vecchio del mondo.
- Signorina… signorina… scusi…
Pasquale mi scuote e io devo svegliarmi dal mio finto sonno. Senza ritegno.
- Signorina, mi scusi, noi andiamo in bagno un secondo, non potrebbe guardare un attimo il bambino?
Chiedo se potrebbe scappare. Mi rispondono di no, con quella faccia da agenti immobiliari quando ti dicono “è un affare”.
Mi sento un po’ acida mentre li vedo allontanarsi e guardo Nicolas, inebetito da un giochino del telefono cellulare. Ma dove vuoi che vada questo, mi dico, e mi concentro sulla coppia di punkettini.
Stefy è ancora triste per le sorti di uno dei suoi coni di capelli, ha perso forma.
- Amore, ti prego, sistemami, altrimenti mi viene una crisi isterica.
- Ma cosa vuoi che sia? Ma che ti frega? Dai Stefy ti prego non fare la fighetta, sei insopportabile.
- Io fighetta? Io mi sono fatta il primo piercing a Piadena, ti rendi conto, secondo te sono una fighetta? Sono impresentabile, se non mi aiuti non scendo dal treno.
Nel frattempo tornano i due fumatori degeneri.
- Comunque non me l’hai spiegato di chi è quel capello, sei un grandissimo stronzo, mica mi fai fessa a me.
- Nicolas, sei stato bravo?
- Sì, e che devo fare? Un po’ la signorina mi ha fatto paura.
Mi guardano straniti.
- Ma non lei. Lei è stata brava, non ha detto niente. Quella là, quella con gli aghi in faccia.
- Ma chi ha gli aghi in faccia?
- Quella là - e indica Stefy - lei continua a urlare e mi disturba. E poi mi fa paura.
- Eh, ma sai, Nicolas, devi avere pazienza. Un giorno anche tu sarai grande e potrai scegliere se diventare un pazzo rincretinito oppure un grande uomo, magari un banchiere, come tuo padre.
- E daje co’ ‘sto padre… non lo vede da due anni, adesso suo padre sono io.
- Guarda, Pasquale, hai veramente rotto i coglioni anche tu. Mi devi spiegare da dove viene quel capello e poi tu sei un operaio, t’ho raccolto che quasi non parlavi italiano, t’ho fatto diventare un essere umano io, quindi Nicolas me lo gestisco io e tu stai zitto, e riaprirai la bocca solo per spiegarmi quella storia del capello che ho trovato nella tua valigia.
- Ammazza che stronza…

Forse vivo in un mondo parallelo.

3 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

ke ridere...
m.m.

11:57 AM  
Blogger GGLuigi ha detto...

te tassi sei troppo brava a scrivere giù le cose che è un peccato se non lo fai sul serio

4:17 PM  
Anonymous Ga ha detto...

Gran bello!

3:31 PM  

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