sabato, aprile 01, 2006

farina

Mi ricordo le impronte di farina. Tutte le mattine, durante la scuola elementare, percorrevo a piedi il breve tratto di strada che separava la piccola casa dove vivevamo in sei dalla fermata dell'autobus che avrebbe portato a scuola me e le mie tre sorelle in ordine di altezza. Passavamo davanti all'edicola, alla merceria e al calzolaio. Arrivate davanti al fornaio, una delle piccole buttava il naso dentro le vetrine, e Maia, la figlia del panettiere, ci raggiungeva fuori insieme al profumo di pane. Io, la più grande, restavo un po' indietro, per poter guardare tutto questo mio piccolo esercito di codini e cartelle. Le guardavo scambiarsi occhiate e segreti possibili solo in quei due minuti e in quel tratto di strada. Ma soprattutto guardavo il marciapiede, gli stivaletti invernali minuscoli e le prurignose calze di lana di svariati punti dritti e rovesci in combinazioni infinite e frattali. Mentre le mie sorelle camminavano senza lasciare segno tangibile del loro passaggio, Maia, la figlia del fornaio, segnava il marciapiede nero con piccole impronte bianche.

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1 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

ti ricordi quando sono venuta dal dottore senza calzini? era inverno nel gelo sanpellegrinese

5:14 PM  

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