giovedì, agosto 23, 2007

palermo 3 - riflessioni

Se vuoi conoscere il mondo devi essere totale. Devi fare cose estreme. Viaggi a perdifiato e collezioni timbri sui passaporti, impazzisci di aerei e treni e traghetti e navi e desideri il teletrasporto. Hai un campo base a Milano, Londra, Parigi, New York, Los Angeles, Shangai, Amsterdam, Pechino… Posti con aeroporti trafficatissimi e stazioni piene zeppe di treni. Oppure stai fermo nei posti mistici, ti guardi intorno e lasci che il mondo venga da te e che siano gli altri a passarti davanti. Palermo è uno di questi posti mistici e per sua natura ti attanaglia nelle spire dell’immobilismo. Ci sono cascata ancora. Perché, con i pochi giorni a disposizione, devo farmi le scarpinate e le corse a cercare di arrivare alle Eolie un giorno prima per poi partire il giorno dopo se posso bivaccare nell’orto botanico? Perché cercare gente nuova per forza se sono con La Banda dei Beoni e dei Mangioni di Milano a casa dei Saccardi a Palermo e stazioniamo parlando di mafia e di immondizia e di barocco su un divano rosso e Gianluchino ci guida nelle notti e nelle piazze? Perché cercare ancora sapori diversi in un posto mai visto se mi posso spaccare di ricci al baracchino della Kalsa? Perché cercare le nature lontane se posso stare su uno scoglio da sola per ore a guardare il nulla lontano o i polpi nei fondali di Capo Gallo? Perché la stigghiola la compri e fa schifo e poi la mangi e ti vien voglia di limonare tutto il mondo anche i cani? Non lo so.
Sta di fatto che appena arrivo a Palermo mi sento sempre a casa. Strano, molto strano, dato che sono cresciuta in Ridente-ameno-paesino-delle-prealpi-orobie.
Palermo sta al mondo come i ricci al mare: con una dose di calibrata astrazione e fantasia ne distilli il sapore essenziale.
Palermo è astratta.

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